Numero 5 - Sett - Ott 2016
Esercizio illecito dell’attività venatoria e tutela giuridica degli animali
A mente dell’art. 544 bis c.p., «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale, è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni».
La norma è stata introdotta dalla l. 20 luglio 2004, n. 189, recante Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.
La riforma costituisce una tappa fondamentale del percorso di civiltà volto alla consacrazione del mondo animale quale soggetto di tutela giuridica. A tal uopo, il legislatore ha previsto, fra l’altro, l’inserimento nel codice penale di un apposito titolo e la elevazione al rango di delitti delle fattispecie più riprovevoli, fra cui, per quanto di interesse in questa sede, l’uccisione di animali.
Invero, come suggerito da una attenta lettura della rubrica del titolo IX bis del codice penale, l’interesse primario tutelato dalla previsione in commento è il sentimento di pietà dell’uomo verso l’animale e, soltanto in via mediata, il benessere dell’animale stesso. Quest’ultimo, dunque, non si identifica ancora con il soggetto passivo del reato, bensì con l’oggetto materiale.
Leggi o scarica l’articolo completo >>