Numero 1 - Gen-Feb 2019
Rifiuti e proprietario del terreno. Quando la responsabilità penale è incerta
La normativa italiana di tutela ambientale è piena di difetti e di carenze, ma, per fortuna, a questi difetti e a queste carenze spesso ha rimediato la Suprema Corte con una paziente e rigorosa opera di interpretazione costruttiva ispirata ai valori costituzionali.
Tuttavia restano alcuni nodi dubbi dove anche la Cassazione mostra evidenti oscillazioni; con prevedibili ripercussioni negative in tema di applicazione.
Ci riferiamo, in particolare, alla vexata quaestio relativa alla responsabilità del proprietario di un terreno ove altri abbiano illegalmente depositato o gestito rifiuti.
Tale situazione, come noto, è oggi disciplinata espressamente dall’art. 192, d.lgs. n. 152/2006, il quale sancisce che «l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate».
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