Numero 2 - Mar-Apr 2016
Indennità aggiuntiva e abbandono del fondo da parte del coltivatore nell’espropriazione per pubblica utilità. Principio di separazione
1. L’arresto della Cassazione sembra netto, suggestivo e, in ordine ai suoi effetti pratici, sicuramente ampliativo della posizione giuridica dell’espropriato coltivatore (ma non senza contrasto all’interno dell’organo giudiziario se è vero che risulta difforme la posizione del P.M.).
Questa è l’impressione che il Supremo Consesso trasmette quando precisa (per la prima volta, a quanto risulta) che il diritto del coltivatore espropriato (ma già potremmo aggiungere, in linea di principio: sia esso coltivatore proprietario o meno – come nel caso – dell’area espropriata) ad ottenere l’indennità aggiuntiva ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 865/71 (oggi art. 42 del d.p.r. n. 327/2001 e s.m.i. Testo Unico sugli espropri per pubblica utilità) non sorge solo allorché questi abbandoni di fatto l’area coltivata, ma più in generale, per «la perdita dell’attitudine» del suolo (così in sentenza) alla precedente coltivazione.
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