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  • Numero 6 - Nov - Dic 2019

    Rifiuti con codici a specchio, ultimo atto?

    Pochi giorni fa è stata depositata la sentenza della Cassazione conseguente alla risposta ottenuta, a marzo 2019, dalla Corte di giustizia europea (C.G.C.E.) ai quesiti, formulati dalla Suprema Corte], sulla corretta interpretazione della normativa comunitaria a proposito dell’annosa questione dei rifiuti con codici a specchio: quei rifiuti, cioè, che possono essere classificati con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso; rispetto ai quali, quindi, occorre determinare se essi presentano o meno proprietà di pericolo.

    Trattasi di una complessa problematica con alterne vicende, anche normative, che, in estrema sintesi, ha visto la contrapposizione di due tesi, l’una più rigorista (se il produttore-detentore del rifiuto, che ne conosce la composizione, non fornisce prova dell’assenza di pericolosità, il rifiuto si presume pericoloso) e l’altra più possibilista e discrezionale (occorre la prova della pericolosità e non può ritenersi pericoloso un rifiuto in cui risultino assenti le sostanze pericolose ritenute pertinenti dal detentore), le cui conseguenze, come evidenziato in dottrina, sono «il rischio, da un lato, di rendere altamente discrezionale e quindi opinabile la non pericolosità del rifiuto e, dall’altro, di adottare una ingiustificabile ed eccessivamente prudenziale classificazione dei rifiuti come pericolosi, anche al fine di evitare gli elevati costi di analisi nonché eventuali possibili contestazioni»

     

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    Gianfranco Amendola