Numero 5 - Sett - Ott 2019
Società agricola di persone e riscatto di fondo rustico: la Corte di cassazione afferma un nuovo orientamento sulla prova del requisito di coltivatore diretto
Con la recente pronuncia in commento la Corte Suprema ha enunciato un principio nuovo sul quale è necessario un approfondimento, tenuto conto che, per la prima volta, viene affermato che la qualifica soggettiva di coltivatore diretto in tema di prelazione e riscatto agrari delle società agricole non è dimostrata da una situazione di fatto accertabile con qualsiasi mezzo, ma dipende dall’iscrizione di almeno la metà dei soci nella sezione speciale del registro delle imprese.
La Corte ha ritenuto infatti che, in tema di riscatto agrario, requisito indispensabile per l’esercizio del diritto da parte di una società agricola di persone, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del d.lgs. n. 99/2004, è l’iscrizione di almeno la metà dei soci nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art. 2188 c.c., con la conseguenza che la omessa indicazione di tale qualifica in detta sezione preclude l’accoglimento della domanda di riscatto. Secondo i Giudici Supremi, l’univoco tenore letterale della norma di cui al d.lgs. n. 99/2004 induce a ritenere che l’iscrizione sia richiesta quale requisito essenziale ai fini della tutela dei terzi e che non vi sia la possibilità di dimostrare aliunde la qualifica soggettiva del socio. Il differente trattamento rispetto al singolo coltivatore diretto (che deve sempre fornire la prova della sua qualifica di fatto) – prosegue la Corte – è determinato dall’esercizio in forma societaria dell’attività diretto-coltivatrice «che, come tale, impone, a tutela del terzo acquirente e della libera circolazione dei beni, una più immediata e certa conoscenza dell’eventuale qualifica di coltivatore diretto dei soci e, conseguentemente, del diritto di riscatto in capo alla società».
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